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Attar, bespoke fragrances, Custom fragrances, India, Mitti Attar, profumo personalizzato, profumo su misura, Rosa
Per noi piccoli profumieri indipendenti (piccolissimi e molto part-time, nel mio caso), reperire buone materie prime può costituire un problema serio: molti degli ingredienti usati in profumeria sono costosi e spesso quelli più costosi sono difficili da ottenere in piccole quantità.
Così, è importante selezionare i propri fornitori di fiducia per le cose fondamentali, e saper cercare bene, magari anche attraverso contatti personali, i materiali più rari (1).
E’ durante una di queste ricerche (2) che ho scoperto il sito di una straordinaria piccola azienda che importa oli essenziali di altissima qualità, alla cui produzione contribuisce anche. Radicato nello stato di Washington, il sito è gestito da una coppia che si occupa personalmente di selezionare le materie prime soprattutto in India, ma anche in Europa e nelle Americhe. Lei indologa, lui appassionato di essenze, è stato per tramite del loro sito che ho scoperto dell’esistenza degli ‘attar.
Gli attar (o ittar) sono degli oli ottenuti per mezzo della distillazione di diverse piante (rosa, gelsomino, mimosa pandano e molti altri, da soli o in combinazione) su una base di olio di sandalo. La tecnica di produzione degli attar è antichissima, anche se sembra sia stata perfezionata in epoca Moghul (di nuovo, i Moghul. Il nome – ʿaṭr, عطر in caratteri arabi, significa ‘profumo’ – suggerisce uno sviluppo risalente al dominio musulmano del subcontinente), e viene ancora oggi tramandata all’interno delle famiglie dei distillatori, il cui centro più importante è Kannauj, nell’Uttar Pradesh.
Utilizzati come profumo personale anche da soli, gli attar possono essere usati come ingrediente nella composizione di profumi più complessi, proprio come si utilizzarebbe una ‘base’ costituita da un numero indefinito di materie prime.
Ora, sono sicuro che tutti avrete presente il prufumo dell’asfalto dopo una pioggia improvvisa d’estate. Sì, quel profumo là: vi sono venute in mente immagini di lunghe giornate estive, il canto delle cicale, la nostalgia di quella sensazione, la gioia inebriante che provate ancora oggi, ogni volta che vi capita di sentire quell’odore, vero? Ecco, quell’odore ha un nome: petrichor (1), formato da due termini greci che significano rispettivamente pietra e linfa. Il petrichor sarebbe dunque la linfa della pietra. Come nel caso di molti altri odori, non è ben chiaro per quale ragione questo odore, che si sprigiona nell’aria dopo la pioggia, sia così piacevole per gli esseri umani, ma una spiegazione potrebbe venire proprio dall’India e dalla produzione degli attar. Anzi, di un attar in particolare: il Mitti Attar, cioè quell’attar che viene prodotto dalla distillazione della terra cotta (avete letto bene: la terracotta si può distillare) su una base di sandalo e che fu pensato per catturare l’odore della terra all’arrivo del monsone. Insomma, il fatto che l’odore del petrichor ci tocchi così profondamente deve avere qualcosa a che vedere con la fine della siccità, il riparo dalla calura dell’estate, il segnale che anche quest’anno ci sarà abbondanza e il raccolto non seccherà.
Ecco, tutta questa storia mi incuriosiva parecchio e così, appena saputo di questo particolare attar, ho sguinzagliato i miei contatti in India istruendoli sull’acquisto da fare (e mettendoli in guardia dalle fregature: gli attar originali costano parecchio e gli indiano sono eccellenti falsari di olii essenziali, soprattutto dei propri). Così, all’incirca un anno fa mi è arrivato un flaconcino di Mitti Attar. Il profumo è di quelli che non si dimenticano facilmente e c’è poco da fare: tra le cose che ho annusato, è proprio la cosa più vicina all’asfalto bagnato che si possa immaginare, con il sovrappiù del calore ineffabile del sandalo. Ho studiato il materiale per un po’ nell’attesa di trovare l’occasione giusta per provarlo in un profumo, che è arrivata, anche questa volta, grazie a Gioia, la quale mi ha commissionato un’instant fragrance per una riunione che avrebbe avuto l’indomani. In effetti, ancora alle prime armi, le avevo già fatto dei profumi dedicati, esagerando però col patchouli e arrivando a un odore che dopo qualche giorno diventava tanto forte e scontato da far venire il mal di testa.
Era un po’ che non provavo a creare qualcosa ed ero nel bel mezzo di una crisi compositiva. Mi ero dedicato perlopiù allo studio dei materiali secondo il del mio mentore e avevo perso un po’ di confidenza con la composizione, nonché sicurezza nei miei mezzi. Tuttavia, avevo recentemente creato una base alla rosa che volevo mettere alla prova e la tentazione di farla conversare con l’attar era troppo forte per non provarci. Allora mi ci sono messo e ho fatto tutto in un pomeriggio, senza troppa convinzione, a dir la verità, mettendo insieme una struttura a base perlappunto di mitti attar, oud, rosa, muschio, con un tocco di patchouli e una violenta apertura di pepe rosa.
Soddisfatto e sorpreso dal risultato e contavvenendo alla regola della maturazione, ho consegnato a Gioia il flaconcino con il succo, come fosse un elisir o una pozione magica. Il meeting, pur non foriero di trionfi definitivi, andò decisamente bene e mi piace pensare che il risultato sia stato facilitato dal profumo.
Questa storia ha però un finale che ha segnato in qualche modo un passaggio per la mia formazione da profumiere. Qualche giorno dopo ho avuto una delle consuete sessioni con il mio mentore, il quale da persona gentile e diplomatica qual’è, mi ha sempre fatto capire che le mie cosa facevano cagare in modo inequivocabile, ma con tatto: ‘beh, siamo stati tutti principianti’, ‘prova a correggerlo con massicce dosi di…’, ‘ diciamo che non sei lontano dal momento in cui avrai preso una direzione buona, eccetera’… insomma, cose del genere. Potete quindi immaginare con che animo mi sono apprestato a fargli annusare l’ultima creazione. Invece, il maestro prende delicatamente la fiala, si spruzza una nuvola del profumo tra pollice ed indice e, portandosi la mano sotto il naso, chiude gli occhi e annusa. Li riapre, mi guarda: ‘E’ buono! E’ davvero un buon profumo e pur da vicino riesco anche a intendere che ha un’ottima proiezione’.
Note:
(1) E’ il caso della rosa iraniana, da anni sostanzialmente sparita dalla profumeria a causa della difficoltà di approvvigionamento seguita alla rivoluzione del 1979. Tornerò presto sull’argomento con un post dedicato.
(2) Intendiamoci, niente di particolarmente difficile e soprattutto niente che una richiesta ben impostata su Basenotes non possa risolvere.
(2) Un nome abbastanza recente, a dire il vero: fu coniato nel 1964 da due ricercatori australiani, impegnati a condurre delle ricerche su una sostanza secreta da lacune piante durante i periodi di siccità.